sabato 14 marzo 2009

RECENSIONE di Antonella Santarelli a OLEANDRI IN FIORE

La bella riflessione indotta dai versi di Luigi (La mano) pone l’accento su molti aspetti della poesia, tutti interessanti per chi, come me, si diletta a leggere e, qualche volta, a scrivere. Alcuni amici, che sono stati presenti sul forum, hanno evidenziato i motivi per cui si cimentano a scrivere e a pubblicare poesie: ognuno ha la sua, più o meno esplicita, motivazione. Una costante, però, sembra esserci: la necessità di esplorare i propri pensieri esternandoli senza preoccuparsi di raggiungere, per forza, la comprensione degli altri. Ecco perché alcune poesie sono molto chiare e semplici, altre, magari dello stesso autore, diventano ermetiche e lasciano lo spazio a numerose letture.
Io credo che faccia bene il poeta a non lasciarsi condizionare dalla necessità di rendere consequenziali i passaggi: la poesia si nutre di slanci, riflessioni, aperture all’incomprensibile che dorme dentro, di attimi di aperta ribellione agli schemi che, all’improvviso, avvertiamo come restrittivi della nostra individualità e del nostro sentire. Scrivere poesie fa bene e, superato l’iniziale imbarazzo, sapere che verranno lette contribuisce a riappacificare il poeta con il mondo esteriore, spesso tenuto lontano perché invasivo o insopportabile; decidere di rendere pubbliche le proprie poesie è assumere il ruolo di colui che inizia la relazione, senza capire all’inizio a quali feedback andrà incontro. È un atto di grande coraggio. Mi è molto piaciuta, e perciò la segnalo, la raccolta di poesie “Oleandri in fiore” della poetessa Mirella Cellucci (Ed. Tabula Fati, 2008). Sessanta pagine di poesie brevi e semplici che narrano un mondo interiore ricco di ricordi, emozioni, pensieri nostalgici e di forti prese di posizione, intese quest’ultime come atti di dichiarata consapevolezza.

La coscienza che diventa verso:

“... Il mio cuore
è una fragile farfalla
basta un niente
per abbatterla
e si nasconde
perché teme di vedere
la verità”

Il dolore non respinto:

“Parlare al cuore
confessargli
verità dolorose
che la mente
rifiuta
perché più comodo...”

Il lirismo per niente artefatto che traspare nell’intera opera si arricchisce di grande e consapevole umanità nelle due ultime poesie: suggello della fine di una stagione della vita, l’ultima campanella schiude un mondo nuovo alla poetessa, pronta ad accogliere le nuove emozioni dei giorni futuri.

“Mi resteranno solo
le poesie
belle
come fiori di primavera...”

"... ne farò ghirlande
per adornare
il cuore
nelle lunghe sere
d'autunno".


http://forummediterraneoforpeace.it.forumfree.net/?t=37645974&view=getlastpost#lastpost

mercoledì 4 febbraio 2009

RECENSIONE di Renzo Montagnoli a LA BREZZA DEL TRAMONTO

Se la poesia è anche la rappresentazione di sensazioni rivenienti da un afflato con la natura, Viola Di Muzio ha saputo cogliere questo aspetto con il ricorso prevalente a immagini elegiache, per lo più in funzione di metafora, ma che donano ai suoi versi un’eleganza sobria e spontanea che lascia in chi legge una traccia di sereno appagamento.

Sono visioni aggraziate che richiamano alla memoria tempi andati, in cui l’uomo ancora riusciva a stupirsi di fronte alle bellezze del creato, accompagnando la sua emozione a una dolce malinconia, premessa indispensabile per pervenire a quella beatitudine dell’anima che è propria della serenità ( Nascerà un altro giorno / e dalle ceneri risorgeranno / nuovi sogni. / Sboccerà un’altra primavera / e nell’aria si respirerà / profumo di mimose / e di mandorli in fiore. /…).

Divisa in tre sezioni, l’opera affronta, come tematiche, l’assenza (E’ il calar della sera…/ Seduta sul pontile cerco te, / padre negato…/…), l’amore (Amo te / come il cielo ama la terra, / il bimbo il seno materno. /…) e l’assoluto ( Con la pelle baciata / dall’azzurro del cielo / come farfalla vola il mio pensiero / sui rigogliosi monti, / ove fra le rocce splendenti di ginestre / nacque una Stella. /…).

Vibranti, ma senza enfasi, sgorgano naturali i versi diffondendosi in punta di piedi, quasi timidi, ma gioiosamente liberi di mostrare un animo incline alla meraviglia per la natura, al ricordo commosso di cari scomparsi, a un amore che è sentimento allo stato puro, trasporto affettivo, desiderio di cuori.

Poesia che in apparenza può sembrare anche semplice con significati immediatamente comprensibili, ma che cela intenzioni più profonde da cogliersi con successive riletture, perché sotto il naturale velo di pudore battono concetti dell’esistenza che impreziosiscono ulteriormente l’opera.

Ne consiglio senz’altro la lettura.


http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=4610

venerdì 23 gennaio 2009

RECENSIONE di Renzo Montagnoli a OLEANDRI IN FIORE

Amo la poesia che esprime malinconicamente i ricordi di un passato e che emergono sfumati, prendono corpo in immagini che, pur essendo reali, sembrano costruite in una dimensione magica, che dona loro il sapore di un bene perduto, riflettendo tuttavia ancora nell’animo le sensazioni che lo stesso sprigionava.

Ecco perché questa breve silloge di Mirella Cellucci riesce a colpirmi fin dai primi versi della poesia che dà il titolo all’intera opera:

Restano
solo ricordi
degli oleandri in fiore

quando il verde del mare
tra le foglie
prometteva smeraldi

……………

C’è un profumo di vita che, benché trascorsa, riesce ancora a materializzarsi nell’animo della poetessa, perché è un patrimonio acquisito, è quella certezza che ci dona la consapevolezza di quanto il nostro passato sia importante per continuare a percorrere la strada dell’esistenza.

Resta, tuttavia, la dolorosa constatazione di come i nostri occhi e il nostro spirito, assuefatti con gli anni e al tempo stesso condizionati dalla temperanza senile, vedano il mondo con minor entusiasmo, come in Tramonto (…./ E’ cambiato / il colore dei tramonti / che accendeva / col rosso delle vampe / l’ansioso andare / della fantasia /…).

Il concetto viene ulteriormente ribadito con Anima mia (Spesso ripenso a te, / anima mia, / a com’eri / a come ti ha cambiato / il tempo /…).

E’ tutto un caleidoscopio di ricordi che riaffiora, mai triste, ma sempre malinconico, come di qualche cosa che si è avuto, si è perso e non si ritroverà più.

E la lirica conclusiva della silloge porta il suono dell’ultima campanella che sembra chiamare a raccolta tutti i ricordi per rinchiuderli nello scrigno del cuore.

Non chiedermi perché
ho chiuso
le cortine della finestra
e ho stretto forte
i pugni nel mio cuore

E’ suonata
l’ultima campanella
e le sue note
hanno l’eco
di una stagione
lunga e bella
che scompare

……………………

E’ una scrittura semplice e notevolmente efficace, è una lettura veramente piacevole e rasserenante.
Oleandri in fiore è quindi senz’altro raccomandabile.


http://www.arteinsieme.net/renzo/index.php?m=31&det=4524