venerdì 11 marzo 2011

"Nessuno ricorda cos'era il sentimento dell'arte, tutti ormai sanno scrivere libri" di Marco Lodoli

Era inevitabile che tutto cambiasse anche nel mondo della letteratura, ma ugualmente non mi sono ancora abituato a come oggi vengono presentati scrittori e libri. Il marketing editoriale ha capito che è inutile mettere i libri sui banconi e aspettare che la gente, incuriosita da una recensione, attirata dal parere di un critico o di un amico fidato, si avvicini alla pila, sfogli un volume, leggiucchi qua e là e poi, forse, paghi due monete per entrare in quello spazio magico. La letteratura era un universo a parte: di qua c’era l’utilitarismo, il denaro, l’ingiustizia, la fama e il nulla, la vita così com’è; di là c’erano le parole degli scrittori, i versi dei poeti, acqua che cade lentamente da un cielo misterioso, che impregna piano piano il campo della sensibilità, che fa crescere roba buona per nutrirsi e fiori profumati.Chi scrive sapeva fin dalla prima riga di appartenere a un altro ordine, come lo sa un monaco, un militare, un adolescente, un ladro. Chi scrive si sentiva sbagliato, come si sente ogni persona sensibile, e cercava di porre rimedio, di inventare un luogo e un tempo dove tutto potesse tenersi insieme, dove ogni parola avesse un senso. Sapeva di dover passare ore, giorni, mesi, anni a mettere le frasi una dopo l’altra, come fa il carcerato con le lenzuola, le magliette, gli asciugamani sporchi, legando tutto a tutto per fuggire da quella reclusione, da quella pena. E lo stesso, credo, facevano i musicisti, i pittori, i teatranti: tutti a cercare un’altra vita, via da questa, via da tanta assurdità, via verso una terra promessa che non appare mai, ma che chiama.Ora non è più così, ora quasi nessuno più ricorda cos’era il sentimento dell’arte, di quanto sgomento e quanta speranza fosse fatto, di quanta debolezza e quanta temerarietà. Si partiva con niente, da niente, come fanno i bambini a tavola che costruiscono astronavi con gli stuzzicadenti per volare via dai discorsi inutili e cattivi dei grandi. Oggi tutto è cambiato. Lo scrittore oggi fa parte dello stesso preciso scatolone che contiene politici e calciatori, attori e giornalisti, belle ragazze e bravi intrattenitori, architetti e cantanti. Per tutti c’è un’intervista, buffa o intelligente, in cui dimostrarsi buffi o intelligenti, in cui gridare forte o piano, ma gridare io ci sono, eccomi qui sotto il faro, nel grande tendone, eccomi qui con la mia faccia in copertina, la mia foto sorridente o accigliata, eccomi con il mio nuovo libro.Nessuno vuole più un altro mondo, un’altra vita. Va benissimo quello che c’è: successo, premi, soldi, applausi, omaggi, baci e assegni. Va benissimo, i fari scaldano il narcisismo. Sul palco c’è il politico di grido, il comico che fa spanciare, l’attrice stupenda e quella impegnata, l’opinionista corretto e quello scorretto: non può mancare lo scrittore soddisfatto, mai imbarazzato, mai a disagio per quello che è. Le case editrici lo preparano, lo incoraggiano, gli aprono la strada con la pubblicità e via, giù nell’arena dei leoni di pezza.Lo scrittore è diventato pienamente cittadino dell’unico mondo possibile, questo dove conta solo chi vince, dove chi perde applaude, dove lo spettacolo non smette mai. Eppure io ricordo sempre con emozione quei versi bellissimi di Cristina Campo: “Due mondi/ e io vengo dall’altro”.22 novembre 2010


Sicuramente questo articolo, scovato su Tiscali opinioni, arricchisce e in me ha creato un grande dubbio.
E' talmente vero da sembrare scontato, ma è ossessivamente reale da sembrare costruito.
Credo di sapere a quale categoria appartengo, spero di conoscere le emozioni che mi suscita lo scrivere, mi illudo di conoscere le emozioni che vorrei suscitare in chi mi legge.

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