Non ho mai considerato la teatralità un metro per il dolore.
Non mi commuovono gli addii, e non verso più aride lacrime.
Mi affascinano invece i meccanismi e le degenerazioni sottostanti, per questo ho sempre amato le partenze solitarie.
Marta scrive lettere al suo cuore e a quello di Andrea, e le alterna al racconto della sua vita, del loro Amore, della sua terra, alla quale rimane indissolubilmente unita e fedele.
Amanti e clandestini, non possono lasciare tracce dei loro incontri, e assorbono l’una parole e pensieri dell’altro, rubando attimi dalle loro esistenze in altri luoghi, con altri cuori.
“Da un lato invidiavo le scatole d’amore piene di lettere, cartoline, biglietti che accompagnavano mazzi di fiori, post-it lasciati sulle porte trovate chiuse.
Invidiavo quella sensazione di smarrimento che dà rituffarsi in quelle dichiarazioni, l’orgoglio di avere tante pagine imbevute di sentimento da leggere in qualunque momento.
Avevo riposto mille lettere d’amore nella scatola del mio cuore, potevo sfogliare mille lettere in qualunque angolo del mondo io mi trovassi.
Mille volte potevo leggerle e interpretarle, tenendo tra le mani la mia memoria gremita.”
Prima di scendere, pensai di chiedere asilo politico per il mio cuore confuso e strapazzato, ma decisi di scrivere le ultime note della mia canzone d’amore sul pentagramma della mia terra.
Uno scrittore ha sempre qualcosa da scrivere.
RispondiEliminaC'è sempre un pensiero che gira nella sua testa e chiede di essere collocato tra le pagine bianche della fantasia, lo scrittore possiede lo strumento giusto; così nascono alcuni personaggi e così nascono certi pensieri.
Spesso è impossibile capirne l'origine, ma direi che è anche superfluo.
A chi importa se nasce prima il protagonista o il suo profilo, i suoi dialoghi, le sue caratteristiche.
Esprimere la propria follia e magari trovare anche qualcuno che la condivide è l'apoteosi della ragione!